Lamezia: non lasciate morire questa scuola, l’appello della “Mancuso”

Lamezia Terme – Un accorato appello alla cittadinanza e alle Istituzioni parte dalla scuola primaria “Francesca Mancuso” di Lamezia Terme affinchè non diventi una “scuola ghetto”. I bambini e le insegnanti della scuola situata nel cuore del quartiere Capizzaglie, appartenente all’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti”di Lamezia Terme, frequentata prevalentemente da bambini rom, hanno infatti lanciato un nuovo e accorato appello affinchè la scuola, che sta vivendo una lenta agonia, non venga chiusa definitivamente: un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare chi di dovere ad operare per il bene della scuola e di tutto il territorio. In particolare gli studenti e le insegnati hanno allestito, negli uffici della direzione didattica, una mostra grafico-pittorica e artistico-manuale dal titolo “Odio la differenziata”, al fine di attirare l’attenzione e rilanciare un ulteriore SOS affinché l’agonia più volte annunciata, che questo plesso sta soffrendo, sia soccorsa prima che giunga la fine definitiva dello stesso. Bambini e insegnanti uniti per difendere il diritto allo studio in un ambiente educativo-didattico realmente garante dei diritti fondamentali dell’inclusione e dell’integrazione scolastica e sociale.
All’inaugurazione della mostra erano presenti la dirigente scolastica Anna Maria Rotella e diversi docenti e allievi in rappresentanza degli altri plessi dell’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti”.
Molto toccante l’intervento dei bambini in occasione dell’inaugurazione della mostra. “Tutto ciò che abbiamo creato e che vedete qui esposto è stato fatto con entusiasmo e voglia di dimostrare che non siamo poi da buttar via. Le tecniche grafico-pittoriche utilizzate sono diverse: pittura a tempera, a legno, collage e ancora riproduzione di oggetti tridimensionali realizzati con la pasta, il das e quant’altro. Ci sentiamo soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto, naturalmente sotto la paziente e sapiente direzione delle nostre maestre che ci hanno guidato passo passo e indirizzato nel modo giusto. Lo scopo di questa esposizione non è soltanto quello di sentirci dire che siamo stati bravi, bensì un semplice mezzo per attirare l’attenzione sulla nostra scuola, che lentamente sta morendo. Noi, non vogliamo essere scolari discriminati, esclusi e ghettizzati, sol perché siamo ROM, come ogni bambino abbiamo gli stessi diritti e pari opportunità e dignità sociale davanti alla legge. Ora, per non annoiarvi oltre, mi piacerebbe concludere il discorso con uno dei più significativi aforismi di ALBERT EINSTEIN che recita così: “Io appartengo all’unica razza che conosco, QUELLA UMANA”. Un ringraziamento particolare va alla Dirigente Scolastica, che ha appoggiato il nostro progetto, permettendoci di allestire la mostra nell’atrio degli uffici della direzione didattica, al fine di ottenere una maggiore visibilità”.
Anche gli insegnanti hanno detto la loro. “In un Paese democratico non è possibile creare delle scuole pubbliche in “scuole ghetto” – hanno affermato le insegnanti – la scuola classista è stata abolita diversi anni or sono, pertanto, non dovrebbero esistere le scuole degli italiani e le scuole degli immigrati e tanto meno le scuole dei ROM. Le scuole ghetto, invece, avallano nelle famiglie la percezione dell’esistenza sul territorio di scuole di serie A e scuole di serie B e ciò spinge a una vera e propria “deportazione” di bambini, chi appartiene alla minoranza viene trasferito in altre istituzioni che garantiscono l’eterogeneità auspicata. La scuola ghetto, pur avendo docenti formati e personale scolastico all’altezza dei propri compiti, laboratori didattici ben attrezzati e un Piano triennale dell’offerta formativa rispondente alle reali esigenze del territorio in cui essa si trova ad essere inserita, agli occhi delle famiglie resta sempre e comunque un “ghetto” e paradossalmente mette in fuga anche i figli di chi, pur appartenendo alla classe di maggioranza degli iscritti, vuole godere di una reale integrazione scolastica e sociale”.
“Il nostro plesso – proseguono le insegnanti – da alcuni anni sta subendo l’esodo e adesso si è ridotto ai minimi termini, nonostante tante grida di protesta sono state sollevate per richiedere aiuto all’Amministrazione comunale, affinché si formasse una salda “rete protettiva” tra il Comune, le Istituzioni scolastiche e le associazioni educative presenti sul territorio lametino, purtroppo siamo stati lasciati soli a difendere i “sani principi dell’inclusione e dell’integrazione”, come un “Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento”. Il vento purtroppo ci sta spazzando via, ma noi continuiamo a resistere finché i numeri legali ce lo permetteranno e a fare del nostro meglio per dare visibilità a un plesso ormai quasi invisibile”. Ecco il perché della nostra Mostra: essa non è fatta di “opere straordinarie”, ma di straordinario ha “l’ultimo guizzo di ordinario” perché purtroppo la ritualità scolastica, che aiuta a crescere psicologicamente sani e a controllare pure le condotte più disturbate, nel nostro plesso sta venendo sempre meno”.